Le “ex festività” sono giornate che, pur essendo in passato considerate festività ufficiali e quindi non lavorative, sono state abolite come giorni festivi con una legge del 1977.
Di fatto, questi giorni sono stati convertiti in permessi retribuiti che i lavoratori dipendenti possono utilizzare durante l’anno. Il cambiamento, introdotto con la legge n. 54 del 1977, ha interessato alcune celebrazioni religiose e nazionali che non sono più riconosciute ufficialmente come giornate di riposo.
Oggi, queste ex festività vengono riconosciute attraverso permessi retribuiti, comunemente detti “permessi ex festività,” che permettono ai lavoratori di prendersi giornate od ore di riposo in aggiunta ai giorni di ferie e ai permessi ordinari previsti dal contratto di lavoro.
I Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (CCNL) regolano la gestione e il numero di ore dei permessi ex festività, stabilendo le regole che possono variare a seconda del settore e della categoria professionale.
Per esempio, i contratti di lavoro più diffusi, come il CCNL Commercio, prevedono un numero annuo di ore di permesso per ex festività che, se non utilizzate, possono essere retribuite al lavoratore sotto forma di “ex festività non godute” in busta paga.
Questi permessi rappresentano, quindi, un modo per compensare i lavoratori per la perdita di giorni festivi, garantendo loro una maggiore flessibilità nella gestione del proprio tempo e un ulteriore margine di riposo retribuito.
Ex festività soppresse: come funzionano i permessi
I permessi ex festività derivano da festività soppresse, come San Giuseppe o il Corpus Domini, che in passato erano giorni di riposo, ma che oggi rientrano nell’orario lavorativo.
Il funzionamento dei permessi per ex festività è regolato dal godimento delle ex festività: i lavoratori accumulano ore di permesso in base al loro CCNL e possono utilizzarle durante l’anno, in aggiunta agli altri permessi di lavoro.
Ogni mese, un lavoratore matura una frazione dei permessi annuali previsti dal contratto: è la maturazione delle ex festività.
Per esempio, se il contratto prevede 32 ore di permesso all’anno, il lavoratore guadagna circa 2,66 ore al mese. Anche i dipendenti part-time accumulano permessi, ma in proporzione alle ore lavorative.
Se, per esempio, un lavoratore part-time ha diritto a metà delle ore, il permesso scenderà a 16 ore annuali.
Se il dipendente non utilizza questi permessi entro il periodo stabilito, le ore maturate vengono pagate come ex festività non godute.
Questo aspetto compare spesso in busta paga sotto una voce specifica, rendendo importante conoscere come si legge la busta paga.
Per conoscenza, rientrano in questa categoria le seguenti festività soppresse:
- San Giusppe
- Ascensione
- Corpus Domini
- San Pietro e Paolo
- Unità Nazionale
Ex festività non godute: come monetizzarle
Quando un lavoratore non utilizza i permessi maturati per le ex festività soppresse entro i termini previsti, queste ore possono essere convertite in compenso economico.
Questo avviene per evitare che il lavoratore perda il diritto maturato e perché molte aziende preferiscono consentire la monetizzazione delle ex festività non godute anziché accumulare permessi inutilizzati.
In questi casi, le ore vengono pagate nella busta paga del lavoratore con un’indennità equivalente al valore di una giornata di lavoro ordinaria.
La possibilità di monetizzare i permessi ex festività varia in base al CCNL di riferimento e alle politiche aziendali.
Generalmente, il pagamento delle festività non godute viene effettuato a fine anno, o alla fine del contratto di lavoro se il dipendente interrompe il rapporto con l’azienda, come nel caso di dimissioni o licenziamento.